U.N.A.SA.M., Unione Nazionale Associazioni per la Salute Mentale
Relazione: “Le Associazioni dei familiari possono fare la differenza”
Portiamo la voce delle famiglie, degli utenti dei servizi e delle loro associazioni impegnate da decenni nella difesa della dignità e dei diritti delle persone con sofferenza mentale e per la loro piena inclusione nella vita sociale e lavorativa. Sappiamo infatti, per esperienza diretta, che la stragrande maggioranza di queste persone può riacquistare una soddisfacente qualità della vita ed autonomia se sottoposta ad adeguati trattamenti terapeutici e riabilitativi orientati alla guarigione.
Il nostro principale obiettivo è perciò il potenziamento dei servizi di comunità per la presa in carico globale nel territorio delle persone con sofferenza mentale e la eliminazione di tutte le situazioni di abbandono, segregazione e istituzionalizzazione che provocano ed aggravano cronicizzazione e disabilità. Nell’ultimo decennio tuttavia a causa delle politiche restrittive e dei tagli indiscriminati delle risorse e del conseguente grave impoverimento in personale dei servizi di comunità, abbiamo assistito ad una sempre più preoccupante deriva di abbandono da parte dei servizi territoriali con offerta prevalente di ricovero presso case di cura e comunita terapeutiche private. E ciò non solo peggiora le condizioni dei pazienti, ma è anche in chiara contraddizione con gli scopi dichiarati dei tagli in quanto comporta per la collettività costi notevolmente superiori a quelli che sarebbero necessari per un ben organizzato sistema di prevenzione, di cura e di riabilitazione delle persone con sofferenza mentale.
In questo quadro noi esprimiamo la nostra totale e decisa contrarietà a qualsiasi ipotesi di ulteriore proroga alla chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) perché il problema è drammaticamente urgente e noi siamo vergognosamente in ritardo. Ed una proroga, come quella richiesta dalle Regioni, per la costruzione delle cosiddette “R.E.M.S” (Residenze per la esecuzione delle misure di sicurezza) offende e indigna le centinaia di famiglie che attendono una decisione chiara da parte dello Stato. Si vuole infatti sprecare pubblico danaro per perpetuare un sistema di degradazione e di oppressione delle persone mentre noi sappiamo infatti che gran parte delle persone ancora internate potrebbero uscire in tempi brevissimi, molti anche domattina, se i DSM fossero messi in grado di assumersi la responsabilità della loro presa in carico attraverso adeguati percorsi riabilitativi personalizzati come la stessa legge 9, pur con le sue ambiguità, prevede. Non vogliamo aggiungere altro a quanto è stato detto sulla disumanità e assurdità degli OPG e siamo qui tutti concordi sulla necessità del loro superamento. Abbiamo tutti visto la sconvolgente documentazione della Commissione di inchiesta sulla efficacia ed efficienza dei Servizi del SSN e le nostre associazioni hanno sempre ampiamente testimoniato le drammatiche condizioni degli internati in quelle strutture.
L’internamento in OPG viola patentemente la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo oltre che gli articoli 2, 13, 27 e 32 della nostra Costituzione. Ci lascia sconcertati che tutte le Regioni italiane, nessuna esclusa, abbiano pensato di riproporre nel proprio territorio le cosiddette REMS, strutture esclusivamente deputate ad accogliere persone con disturbo mentale in regime di sicurezza. E ciò denuncia una grave involuzione della cultura politica nel nostro Paese. Le REMS non sono servizi ospedalieri, ma non sono nemmeno “strutture altenative” in cui non sarebbe consentita coercizione alcuna, ma sono veri e propri manicomi, potremmo chiamarli forse “manicomi criminali regionali”! . Il sistema manicomio, quale luogo di violenza e privazione, si può riproporre, infatti, anche in strutture di 10/20 posti letto,come ben ci dimostrano la stragrande maggioranza dei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura italiani. Ed in ogni regione si vorrebbero costruire una o più REMS a moduli di 20 posti letto, per lo più lontane dai contesti abitati, con alte mura di recinzione e vigilanza stretta. Nella sola Campania se ne prevedono 7 per complessivi 160 posti letto. Con personale costituito prevalentemente da infermieri e operatori sanitari mentre scarseggiano le figure deputate a percorsi riabilitativi e di inclusione sociale
Ci indigna ancora di più dover constatare che alcune regioni stanno pensando di attivare addirittura più posti letto di quanti realmente ne occorrerebbero per accogliere i dimessi dagli OPG. Si pensa evidentemente di poter utilizzare le REMS per una popolazione più ampia, forse per quegli utenti cosiddetti “problematici” da relegare in strutture chiuse mentre richiederebbero un più intenso intervento riabilitativo. Tutto ciò costituirebbe un ulteriore, decisivo passo di restaurazione di un sistema prettamente custodialistico purtroppo già in atto se si considera che 70.000 persone con sofferenza mentale sono attualmente ospitate in strutture di ricovero (case di cura, cosiddette “comunità terapeutiche private, ecc.) nelle quali non si pratica alcuna seria attività riabilitativa e che sfuggono al controllo dello Stato da cui , pure, assorbono il 70% circa delle risorse destinate alla tutela della salute mentale.
Ribadiamo quindi il nostro no ad ulteriori rinvii e, soprattutto, diciamo no alle REMS.
Non possiamo però non affrontare un altro punto, quello del perverso intreccio fra le norme sulla non imputabilità delle persone “malate di mente” con le norme sulla cosiddetta “pericolosità sociale” e sulle misure di sicurezza ad essa connessa vera chiave di volta di tutta la questione perché è proprio questo intreccio che consente con motivazioni più o meno pretestuose i comportamenti devianti messi in atto nei confronti delle persone con malattia mentale e l’esistenza stessa di luoghi come gli OPG. Solo l’abrogazione e la riscrittura degli articoli 85, 88, 89, 91 e 222 del Codice Penale e l’articolo 530 del Codice di procedura penale potranno consentire di restituire alle persone con sofferenza mentale il diritto non solo alla cura, ma anche ad un giusto processo e chiudere definitivamente definitivamente gli OPG e le strutture sostitutive. E solo allora potremo dire che i manicomi sono stati veramente chiusi in Italia. Ci rendiamo ben conto delle difficoltà e delle resistenze che incontra questo percorso, ma proprio per questo pensiamo che non esistano scorciatoie e di fronte al prevalere di una cultura troppo arretrata non possiamo fare altro che intensificare il nostro impegno in una battaglia culturale per l’affermazione di un principio di civiltà e per il cambiamento possibile. Intanto utilizziamo tutti gli spazi e le risorse possibili per contrastare il gravissimo processo di involuzione in atto nel nostro Paese.
Ribadiamo perciò con forza che le risorse destinate al superamento degli OPG vadano a finanziare direttamente i Dipartimenti di salute mentale nell’ambito di un programma di riqualificazione della spesa che realizzi:
– Il pieno funzionamento dei DSM mettendoli in grado di offrire risposte differenziate alla complessità dei bisogni espressi. In particolare deve essere garantita l’accessibilità ai CSM 24 su 24 ore 7 giorni su 7 e la presenza nelle piante organiche di figure professionali in grado di operare efficacemente nei processi riabilitativi (assistenti sociali, educatori, maestri artigiani, ecc.)
– Il superamento delle disuguaglianze di risorse e di personale in cui si trovano ad operare i servizi di salute mentale nei diversi territori
– La partecipazione attiva delle associazioni ai processi decisionali per la programmazione dei servizi e e alla verifica dei risultati.
Le nostre associazioni fanno infatti la differenza
perché hanno assunto la consapevolezza che non si tratta di delegare ad altri un carico esistenziale ed affettivo, ma si tratta di trovare insieme, servizi, Istituzioni e società, le strade e gli strumenti per dare risposte concrete a problemi concreti;
Le nostre associazioni fanno anche la differenza perché sono portatrici di esperienze sul campo e di un sapere insostituibile ai fini della realizzazione di programmi terapeutici e riabilitativi che vadano oltre i limiti di una più o meno brutale medicalizzazione.
Al Ministro della Salute, di cui conosciamo l’attenzione anche nei riguardi dei nostri problemi, chiediamo di dare un primo segnale di disponibilità verso il riconoscimento del ruolo e dell’impegno delle Associazioni dei familiari: la ricostituzione della Consulta Ministeriale Salute Mentale.
Alla Commissione Sanità del Senato chiediamo l’apertura di una inchiesta a tutto campo sullo stato dei servizi di salute mentale in Italia.
A tutte le organizzazioni che costituiscono il Comitato StopOPG chiediamo di mantenere altissima la vigilanza sul percorso di superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari senza ulteriori ritardi e contrastando qualunque ipotesi di mini manicomi regionali.