Si pubblica di seguito la lettera della Presidente dell’UNASAM Gisella Trincas inviata, unitamente a tutta la direzione nazionale dell’Unasam, al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte.
Al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte
ROMA
e p.c. Al Ministro della Salute Roberto Speranza
Ai Presidenti delle Regioni e delle Provincie Autonome
Agli Assessori Regionali alla Sanità
All’ANCI Nazionale
Gentile Presidente,
unitamente a tutta la Direzione Nazionale dell’UNASAM (Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale), le scriviamo questa lettera aperta, per sollecitare l’attenzione Sua e del Governo, e in particolare del Ministro della Salute, sulle gravi ripercussioni che le drastiche misure adottate a partire dall’8 marzo (limitazione delle libertà personali, isolamento forzato e blocco dei servizi territoriali), per affrontare l’emergenza Covid-19, hanno determinato e stanno determinando nella generalità della popolazione, e in particolare nelle fasce più fragili ed esposte del nostro Paese.
Comprendiamo le preoccupazioni e anche la grande responsabilità che Lei e il suo Governo state affrontando, nel tentativo di frenare e governare questa epidemia virale che ha colpito tutto il mondo, e mettere in sicurezza i cittadini e le cittadine del nostro Paese.
Siamo consapevoli però, che una parte considerevole di responsabilità di quanto oggi stiamo drammaticamente vivendo, è dovuta alle scelte politiche ed economiche compiute, da almeno venti anni a questa parte, contro il nostro Sistema Sanitario Nazionale (ospedale e territorio), e sul sistema sociale.
In Salute Mentale, in particolare, abbiamo assistito (non senza opporci) ad un graduale e progressivo impoverimento di risorse finanziarie e professionali, che hanno portato, in gran parte del territorio nazionale, ad un grave e pericoloso ridimensionamento dei servizi territoriali.
Si è proseguito, sulla scia dello smantellamento del sistema sanitario nazionale, con l’accorpamento delle Aziende Sanitarie Locali (con le diverse denominazioni che ogni regione ha voluto dare a queste strutture amministrative), l’accorpamento dei Dipartimenti di Salute Mentale (contro gli stessi principi della Legge di Riforma 833), e infine la riduzione dei centri di salute mentale, centri diurni e quant’altro, privando il territorio di servizi pubblici essenziali per la prevenzione, la cura e la riabilitazione dei cittadini e delle cittadine del nostro Paese. Lasciando questo delicato e fondamentale compito istituzionale (per il benessere e la tutela della collettività) ad un numero sempre più esiguo di medici psichiatri e operatori con tutte le conseguenze sulle ricadute in termini di peggioramento delle condizioni psichiche e fisiche su un numero considerevole di cittadini e cittadine. E un aggravio di compiti e responsabilità sul personale sanitario (che provoca stress e frustrazione) che ben comprendiamo.
Questa grave carenza di servizi e operatori sul territorio, ha determinato, inoltre, l’impossibilità di procedere ad una puntale verifica e al monitoraggio dell’attività esternalizzata alla cooperazione sociale e al privato profit e non profit (comunità terapeutiche, centri diurni, strutture socio-assistenziali, appartamenti supportati, gruppi di convivenza), oltre alla impossibilità di garantire adeguato sostegno domiciliare alle famiglie e alle persone in carico ai servizi, e percorsi personalizzati di ripresa.
L’emergenza Covid-19, dichiarata dal Suo Governo il 31 gennaio 2020 (G.U.1° febbraio), si innesta in questa situazione già fortemente problematica non solo per la salute mentale ma per tutte le categorie fragili della nostra società: le persone senza lavoro, le persone con disabilità, gli anziani soli, le persone che vivono la condizione della dipendenza, le persone private della libertà, i migranti e i richiedenti asilo, le persone che soffrono di patologie gravissime, le persone che stanno nelle strutture residenziali, le persone prive di dimora che vivono per la strada, i bambini che vivono condizioni di povertà e privazioni sociali.
Dopo i Dpcm approvati dal Suo Governo, su disposizione delle Regioni e delle Aziende Sanitarie, in tante realtà territoriali, i centri di salute mentale hanno sospeso la loro “attività ordinaria”. Non accolgono i pazienti nei servizi con la motivazione (giusta) che non hanno sufficienti dispositivi di protezione individuale, né prodotti igienizzanti . Hanno sospeso tutte le attività riabilitative, di gruppo e individuali, gli incontri e i sostegni ai familiari, le borse lavoro e i tirocini. Garantiscono solo urgenze/emergenze.
Alcuni di questi servizi sono letteralmente blindati col personale dentro e la porta chiusa a chiave. Mentre in altre realtà (da noi verificate), gli operatori, adottando tutte le misure di sicurezza (loro forniti), continuano a garantire assistenza e cure sia nei centri di salute mentale che al domicilio dei pazienti, avvalendosi anche della collaborazione della cooperazione sociale e del volontariato.
Questo accade perché il Suo Governo, e in particolare il Ministro della Salute, non ha emanato disposizioni chiare e univoche valide per l’intero territorio nazionale, finalizzate a garantire l’attività essenziale e inderogabile dei servizi territoriali, che semmai, in questa drammatica emergenza, andava potenziata (con personale e mezzi), proprio per garantire cure e assistenza alle persone più fragili ed esposte, prevenire un peggioramento delle condizioni cliniche ed evitare di intasare i pronto soccorso.
La soluzione non poteva essere quella di costringere tutti a stare nel chiuso delle loro case, isolarle dal resto del mondo, non permettere loro di avere un sostegno e una attenzione. E infatti le persone muoiono da sole, nelle loro case, nelle loro stanze senza che nessuno possa accorgersi di cosa accade. Si comprende solo dopo, quando arrivano i vigili del fuoco a buttare giù le porte e a scoprire che quella persona ha concluso la sua esistenza, da sola, probabilmente disperata, senza il conforto di nessuno.
Immagini, Signor Presidente, come possa vivere una persona con una grave condizione di sofferenza mentale, o una grave disabilità psico-fisica, o a cui, all’improvviso, gli viene tolta l’assistenza e il sostegno, chiusa in casa, privata di tutte le relazioni sociali e terapeutiche indispensabili per la sua salute, costretta dentro lo spazio limitato e limitante della propria casa dove le tensioni e i conflitti possono esplodere in un attimo.
Ed è successo purtroppo, ieri notte, nella periferia di Roma. Un ragazzo di appena venti anni con problemi di salute mentale, ha ucciso a coltellate, decapitandola, sua madre. La sorella di quindici anni, in stato di choc, è stata soccorsa dai vicini. Faccia una verifica Signor Presidente di quante chiamate arrivano alle forze dell’ordine per liti in famiglia, e se in questo periodo (come ci viene segnalato), sono aumentati i trattamenti sanitari obbligatori.
Cosa dobbiamo aspettarci Signor Presidente, non dal Covid-19, ma da queste misure che hanno decretato di fatto gli arresti domiciliari per tutti i cittadini e le cittadine senza aver commesso reato, e sospeso tutti i Diritti Costituzionali, compresa l’inviolabilità della libertà e della dignità umana. Cosa sappiano delle loro condizioni di vita, se hanno da mangiare, se hanno dei bambini da accudire, qualcuno a cui chiedere aiuto. In quali condizioni, molti di loro (di noi), stanno affrontando questa tragedia e questo isolamento forzato.
E che dire delle persone anziane, o con problemi di disabilità psichica o fisica, che stanno nelle strutture che nessuno controlla. Senza possibilità alcuna per i familiari di visita, di verifica delle loro condizioni. Persone fragili, spaventate per un domani che non arriva a liberarli dall’angoscia di non rivedere più i propri cari.
È accaduto a Soleto, nel salento, in una Casa di Riposo dove 83 anziani sono stati lasciati completamente soli, senza cibo per due giorni (dopo che i gestori della struttura hanno dichiarato la loro impossibilità a proseguire la gestione del servizio). Una donna è deceduta, tre persone ricoverate e altri cinque positivi al virus.
Noi pensiamo che non si possa e non si debba affrontare una emergenza sanitaria, con metodi e misure che determinano altre emergenze che potrebbero essere di ben maggiori proporzioni, e che tutti quanti saremo chiamati ad affrontare. Noi pensiamo che si debbano sempre conciliare gli interessi generali di un popolo (il contrasto all’epidemia) con i diritti inviolabili sanciti dalla nostra Carta Costituzionale, e dalle Convenzioni sovranazionali (la Convenzione ONU sui diritti della persona umana e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità).
Chiediamo Signor Presidente, nella eventualità che il 3 aprile queste misure di grave restrizione delle libertà dovessero subire una ulteriore proroga (come temiamo), al fine di ridurre il danno sociale, sanitario ed economico che colpirà inesorabilmente le fasce più deboli della nostra società, e restituire fiducia nelle Istituzioni,
che siano considerate le seguenti nostre richieste:
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Tutti i servizi territoriali di salute mentale garantiscano la continuità terapeutica con i propri pazienti, con accessi (opportunamente contingentati per garantire il distanziamento tra i pazienti) negli ambulatori e gli interventi domiciliari, dotandoli di tutti i dispositivi di sicurezza e di protezione già indicati dal Governo;
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Che i servizi sociali comunali, provvedano a mettere in sicurezza, con la collaborazione delle organizzazioni di volontariato e non profit, le persone prive di dimora, dotandole di un tetto sicuro, di pasti e della possibilità di curare l’igiene personale e la propria salute;
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Che sia consentito ai familiari, assumendo tutte le misure precauzionali (controllo della temperatura, guanti e mascherina, distanziamento necessario), di poter accedere (a turni prestabiliti), nelle strutture per anziani, disabili e minori;
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Che sia consentito a tutte le strutture residenziali sanitarie e sociali di garantire brevi passeggiate in macchina o nei dintorni della struttura (garantendo distanziamento e strumenti protettivi), delle persone ospitate;
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Che sia consentito alle persone disabili che vivono in famiglia o da sole, di poter effettuare brevi passeggiate, con un familiare o un operatore (garantendo distanziamento e strumenti protettivi), in macchina o nei pressi della propria abitazione;
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Che sia consentito a tutte le persone sane (adolescenti e adulti) nel rispetto delle norme di protezione e distanziamento, di poter fare due passi nei pressi del proprio domicilio o in luoghi non affollati;
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Che sia consentito ai bambini e alle bambine di poter uscire di casa, con uno dei genitori, per delle brevi passeggiate o piccole corse nel giardino o piazza più vicino, alla propria abitazione;
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Che sia ampliato l’orario di apertura degli esercizi pubblici al fine di evitare le file per la strada che costringono le persone a stare al freddo e sotto la pioggia per un tempo lunghissimo.
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Che i medici di medicina generale possano segnalare tempestivamente le situazioni a rischio e ottenere l’effettuazione del tampone ai loro pazienti. E che si provveda a mettere in sicurezza i pazienti, anche nelle proprie abitazioni con i dispositivi che servono, prima che la crisi respiratoria arrivi ad uno stadio di allarme e si giunga in ospedale quando la situazione è oramai compromessa.
Le nostre Associazioni ci segnalano che, in diversi Comuni, i Sindaci stanno accogliendo istanze e petizioni dei cittadini al fine di consentire ai bambini un minimo di movimento all’aperto. Le Regioni Lazio e Lombardia hanno deliberato, ugualmente, di consentire brevi uscite, con accompagnamento, alle persone con disabilità, alle persone con autismo, a chi vive la condizione della sofferenza mentale. Noi vorremo che questo sia consentito ovunque.
Chiediamo pertanto, che le misure di alleggerimento delle restrizioni alle libertà personali, vengano adottate dal Governo e recepite da tutte le Regioni. Abbiamo bisogno di coesione sociale e solidarietà e non di guerre tra poveri.
Quello che noi chiediamo, richiama tutti alla responsabilità e alla partecipazione, farebbe cessare la “caccia all’untore”, alleggerirebbe la tensione nel Paese tra le persone che si sentono ingiustamente colpevolizzate e i cittadini che si sentono “legittimati” a segnalare e denunciare (pratica questa che richiama alla memoria terribili periodi storici). E si andrebbe inoltre nella direzione auspicata dalla Organizzazione Mondiale della Sanità di tutela, anche nella emergenza Covit-19, della salute fisica e psichica della popolazione.
Questo, Signor Presidente è l’Appello che rivolgiamo a Lei e al Suo Governo, che le famiglie italiane si aspettano, nella speranza che si voglia alleggerire questa morsa terribile che da quasi due mesi ha sconvolto le nostre vite.
Restiamo in attesa, fiduciosi, di un Suo riscontro.