Novembre 2004
LA NOSTRA POSIZIONE ( novembre 2004 )
La Direzione Nazionale dell’UNASAM, che dà voce alle richieste delle migliaia di famiglie associate, torna ad insistere affinché si dia pratica attuazione al Progetto Obiettivo Nazionale Salute Mentale, tuttora in vigore, realizzando e potenziando su tutto il territorio nazionale i Dipartimenti di Salute Mentale, ai quali devono essere garantite risorse umane e finanziarie adeguate ai bisogni di salute dei rispettivi territori di competenza. Occorre la disponibilità di almeno il 5% della quota capitaria, nonché delle risorse ricavabili dai beni ex O.P. In tutto il Paese le Associazioni dell’UNASAM (di cui all’allegato) sono impegnate a difendere i diritti delle persone con disturbo mentale. Una piena cittadinanza, casa, lavoro e inserimento sociale. Occorre diffondere le buone pratiche e avviare un confronto serrato con le Amministrazioni Regionali e locali affinché lo spirito della Legge di Riforma Psichiatrica trovi pratica e urgente attuazione in tutto il territorio nazionale.
La Direzione Nazionale, quindi, invita tutte le Associazioni aderenti ad adoprarsi per potenziare le iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, vigilare per contrastare qualunque tentativo di ritorno indietro (denunciando i casi di abbandono e di violazione dei diritti umani), sollecitare l’insediamento delle Consulte per la Salute Mentale in tutte le Regioni, e ripropone i punti fondamentali della sua azione:
1. LA PRESA IN CURA
I Dipartimenti di Salute Mentale (modello organizzativo per la salute mentale che deve trovare piena attuazione in tutte le Aziende Sanitarie Locali senza ulteriore ritardo) dovranno garantire l’apertura di centri di salute mentale 24 ore su 24 per sette giorni su sette. Dovranno garantire l’assistenza domiciliare, il sostegno alle famiglie e la formulazione di progetti psicoterapeutico-riabilitativi individualizzati, che superino l’attuale impostazione quasi esclusivamente di tipo farmacologico.
Un buon Dipartimento deve riconoscere e valorizzare il ruolo dei familiari, in quanto risorsa aggiuntiva anche nelle forme associative, deve produrre informazioni, fare ricerca, promuovere l’empowerment , sostenere i gruppi di auto-aiuto degli utenti.
I Dipartimenti devono promuovere la nascita della residenzialità nelle sue varie forme. Vogliamo Dipartimenti che promuovano l’inclusione sociale in sinergia con le imprese sociali, dove l’accesso ai diritti (fra i quali il lavoro, L.68/1999) diventa necessario per qualunque progetto individualizzato. E’ fondamentale che le Regioni e i Comuni diano pratica attuazione alla L.328/2000 garantendo l’integrazione socio-sanitaria.
Vogliamo Dipartimenti che riconoscano il valore prioritario della prevenzione e che promuovano la cultura delle diversità.
2. LA RESIDENZIALITA’
I percorsi di ripresa passano anche per la residenzialità, non solo quando la convivenza con la famiglia di origine è difficile. La residenzialità deve comprendere strutture di diversa intensità di protezione, proiettate verso l’autogestione, quanto più possibile somiglianti alle case vere, sotto il diretto controllo del DSM, che garantisce la continuità terapeutica e mantiene la titolarità della cura, anche in caso di convenzioni con il privato e/o con il privato sociale. Il compimento del 65.0 anno è irrilevante dal punto di vista clinico e l’assistenza del DSM deve essere garantita a vita, se necessario, evitando surrettizi passaggi all’assistenza.
Comunità intese come luogo e spazio di ripresa, non come strutture di esclusione cronicizzanti. Quindi piccole residenze, nel contesto urbano, senza vincoli particolari rispetto alle civili abitazioni, e realizzate comunque in stretta collaborazione con gli operatori della salute mentale responsabili del progetto riabilitativo individuale e con i servizi sociali dei Comuni. Devono essere diffuse e valorizzate quelle esperienze di buona residenzialità nate anche grazie all’impegno diretto delle Associazioni dei familiari e degli utenti.
3. IL T.S.O.
I trattamenti sanitari obbligatori (come stabilisce la legge di riforma) non devono costituire la norma negli interventi di urgenza, né possono essere utilizzati per far fronte alle gravi carenze dei servizi territoriali di salute mentale. Quando sono necessari devono essere attivati nel pieno rispetto della dignità della persona. Non ravvisiamo l’urgenza di una revisione della normativa attuale, che già permette l’esecuzione di un T.S.O. ogni qual volta necessario e per la durata di tempo necessaria. Sarebbe invece indispensabile rendere obbligatorio per i Dipartimenti di Salute Mentale il prestare sempre ed ovunque precocemente le cure necessarie, onde evitare il ricorso al TSO. Va bandito nel modo più assoluto il ricorso a mezzi di contenzione, che oltre a danneggiare le persone, umiliano profondamente chi li pratica. Le Associazioni dei familiari e degli utenti devono essere molto vigili e gli eventuali abusi devono essere segnalati alle Direzioni Generali delle Aziende Sanitarie Locali, agli Assessorati Regionali alla Sanità, ai Sindaci e alle Procure.
4. GLI OSPEDALI PSICHIATRICI GIUDIZIARI
Va completato il processo di deistituzionalizzazione e impedita la nascita di nuove strutture dedicate. Occorre andare verso il superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari che hanno dimostrato ampiamente il loro fallimento. E’ competenza dei servizi territoriali di salute mentale assicurare la continuità delle cure agli utenti, anche in carcere, e individuare percorsi alternativi alla carcerazione come indicato dalla sentenza della corte costituzionale n°253/2003 e raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
5. LA NEUROPSICHIATRIA INFANTILE
Vanno definiti protocolli di collaborazione dei Dipartimenti di Salute Mentale con la Neuropsichiatria infantile al fine di evitare qualunque situazione di abbandono e/o aggravamento nel periodo di passaggio all’età adulta. Vanno individuati (così come per l’età adulta) servizi territoriali adeguati ai bisogni dei minori con disturbo mentale (assistenza domiciliare, piccolissime residenze, assistenza scolastica, sostegno psicologico continuo, ambulatori di quartiere…..) per limitare quanto più possibile il ricorso ai ricoveri ospedalieri e l’uso indiscriminato di farmaci.
6. L’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO ( L.6/04 )
L’uso eccessivo di interdizione e inabilitazione può oggi essere abbandonato grazie alla istituzione di questa nuova figura di tutela. Le Associazioni dei familiari potranno attivare in tutte le regioni seminari formativi e informativi, con la collaborazione dell’UNASAM, al fine di poter diffondere la massima conoscenza della nuova legge ad esclusivo interesse delle persone direttamente interessate.
7. STIGMA E PREGIUDIZIO
I disturbi mentali fanno paura e quando se ne parla ci si riferisce sempre ad altri e mai a noi stessi.
Pensiamo, a torto, che non ci riguardino direttamente, ignorando che ciascuno di noi, in un particolare momento della propria esistenza, può esserne colpito. Stigma e pregiudizio sono quindi figli dell’ignoranza e potremo combatterli se la società tutta affronterà le questioni della salute mentale con la dovuta consapevolezza e responsabilità.
I governi e i cittadini, ognuno per la parte che gli compete, possono abbattere stigma e pregiudizi con strumenti informativi e formativi favorendo la cultura dell’accoglienza e della solidarietà.
Occorre che tutte le organizzazioni operanti nel campo sanitario e sociale formino una grande alleanza, al di sopra e al di fuori di ogni influenza partitica, per confrontarsi con le istituzioni, Comuni, Province, Regioni e Governo, perché finalmente, dopo oltre un quarto di secolo, si dia la risposta dovuta alle migliaia di famiglie italiane che, nonostante sofferenze così pesanti, intendono continuare a battersi perché siano affermati i principi di garanzia del diritto alla salute mentale.
Il Presidente Nazionale
Ernesto Muggia